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Corte dei Conti. Gli enti locali alla prova con gli indici della crisi aziendale

  • Giovedì 11 Febbraio 2021
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  • Scritto da: Andrea Biekar
Necessaria l’attività di controller delle partecipate per  gli enti locali, questa è la sintesi di una puntuale deliberazione della Corte dei Conti per il Piemonte (n° 34/2021).

I magistrati piemontesi nell’analizzare le vicende di un Comune  e di una sua partecipata impegnata nel servizio di trasporto pubblico, ma con una posizione  patrimoniale e finanziaria compromessa,  indicano con precisione le attività di competenza dell’ente  :“ all’esito di un rigoroso monitoraggio della situazione afferente la partecipata , con particolare riguardo alle criticità connesse al precario recupero dei crediti, alla mancanza di liquidità ed alla contestuale difficoltà di accedere al credito bancario, all’incremento dei debiti verso l’erario e verso i fornitori, alla gestione aziendale inefficiente, rappresentata, fra l’altro, dall’obsolescenza del parco automezzi, dal limitato volume dei servizi con significativo aumento di tutti i costi e diminuzione dei ricavi, ed, ovviamente, ad ogni altra criticità eventualmente sopravvenuta, provveda a trasmettere a questa Sezione regionale di Controllo, entro e non oltre tre mesi, dalla ricezione della presente deliberazione, il monitoraggio circa lo stato di attuazione e gli effetti dei provvedimenti assunti, corredata di motivato parere dell’Organo di revisione”.
La stessa corte invita l'Organo di revisione a” fornire all’Ente ogni dovuta rigorosa e scrupolosa collaborazione nonché provveda sollecitamente a svolgere un’attenta vigilanza sulla soluzione delle criticità evidenziate, segnalando a questa Sezione un loro eventuale peggioramento e/o ulteriori criticità”.
La pronuncia prende le mosse dalle vicende di una società pubblica attiva nel settore del trasporto pubblico, società nei cui confronti, anche all’esito di altre istruttorie, erano emerse rilevanti perdite di esercizio sia nel 2017 che nel 2018; in conseguenza di ciò, è emerso che la suddetta società partecipata aveva presentato un piano di risanamento di durata quadriennale approvato dall’Assemblea dei soci pubblici nel mese di ottobre 2018. Successivamente, in data 21 ottobre 2020, l’assemblea dei soci ha approvato una revisione del piano di risanamento originario. il Comune oggetto della pronuncia (detentore di una quota pari a circa il 9% del Capitale Sociale) espresse il proprio voto favorevole nei confronti della proposta configurata come “..sopravvivenza in perdita”, finalizzata solo a garantire la ricostituzione del capitale sociale al minimo legale, per evitare la liquidazione della società ex art. 2447 c.c. e, comunque, “a condizione che nel più breve tempo possibile fosse indetta la conversione in mista della società mediante gara ad evidenza pubblica con 6 individuazione di un partner industriale privato, cui conferire il controllo della società e che potesse rafforzare lo sviluppo aziendale”.
I magistrati contabili adottano un approccio “aziendalista”, infatti nel corso dell’istruttoria rilevano “ il fatto che gli indicatori segnaletici di potenziali situazioni di crisi aziendale hanno, via via, evidenziato chiari elementi di debolezza, tra i quali si evidenzia, oltre alla circostanza per cui negli anni 2017 e 2018 la società in oggetto presenta e documenta perdite di esercizio, rispettivamente, per 426.558 euro e per 676.624 euro, l’erosione patrimoniale, indotta dai risultati economici negativi registrati negli ultimi esercizi nonché dai rischi gravanti sulla solvibilità aziendale per effetto della prevalenza delle passività correnti sull’attivo circolante”. 
A fronte di tale situazione, l’Assemblea degli Azionisti del 30/10/2018 ha deciso di coprire in parte la perdita dell’esercizio 2018, con effetti particolarmente gravi sotto il profilo tanto patrimoniale quanto finanziario. L’indicata soluzione è stata codificata nel Piano di risanamento e ristrutturazione 2018-2021, nel quale gli elementi portanti sono rappresentati: - dalla copertura del fabbisogno finanziario del Piano supportato dall'impegno assunto degli azionisti; - dall’eventuale intervento di soggetti terzi (nuovi Soci privati); - dalla riduzione del costo del personale.
La Corte dei Conti ricorda come una prima verifica dello stato di attuazione del predetto Piano di risanamento della società risulta avvenuto nel mese di luglio 2019, sulla base della situazione al 31 maggio 2019.  Nella successiva Relazione, datata 9 luglio 2019 ed a firma del Presidente della partecipata, viene illustrata una perdita per l’esercizio 2019 ammontante a - 348.000 euro, perdita nettamente superiore alle previsioni del Piano. Viene, altresì, segnalato che l’Ebitda, vale a dire, il risultato d’esercizio al lordo degli ammortamenti, delle svalutazioni, degli oneri finanziari e delle imposte, si presentava in negativo.  Successivamente viene redatta un’ulteriore relazione sullo stato di attuazione del Piano di ristrutturazione e risanamento 2018/2021. Dal richiamato documento risulta che, fra gli indicatori più preoccupanti, figurano quelli relativi all’indebitamento in genere, all'esposizione debitoria nei confronti dei principali fornitori ai debiti verso l’erario e verso gli enti previdenziali, debiti che, già in precedenza, superavano la soglia tollerabile ed ai quali si aggiungeva il totale mancato accantonamento di fondi per i trattamenti di fine rapporto dei dipendenti, oltre ad una situazione patrimoniale molto fragile. 
E’ del tutto evidente, che i magistrati invitano gli amministratori pubblici a leggere i dati delle partecipate con occhi aziendalistici e con gli strumenti del codice della crisi di cui al D.Lgs. 12.01.2019 n. 14 (recante il 9 "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19.10.2017 n. 155".
La relazione degli organi societari definiva la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società allo stato “troppo fragile e precaria in rapporto alla continuità aziendale ed alle garanzie fornite ai creditori” ed indicando il bisogno di una ripatrimonializzazione e la realizzazione di investimenti per il rinnovo del parco mezzi che nell'arco del Piano doveva essere di circa 2 milioni di euro. Nonostante l’approvazione da parte del piano da parte dei soci, Il Piano non si è dimostrato in grado di garantire gli obiettivi traguardati, come evidenzia il progressivo peggioramento delle performance gestionali della Società, anche a causa dei vincoli e delle condizioni imposte ai comuni.
E’ stato anche commissionato, la revisione del Piano di risanamento, ristrutturazione per l’ulteriore periodo 2018-2021/2023, che, tenendo conto delle effettive condizioni economico-finanziarie di svolgimento della gestione, peraltro transitoriamente aggravate dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in atto, consenta alla Società di recuperare e consolidare uno stato di salute equilibrato e tale da garantire la continuità aziendale. la Sezione rileva che nel Piano si attribuisce ai Soci l’onere di “…sostenere l’azienda per tutto l’arco del Piano sia sotto il profilo dei flussi di cassa che sotto il profilo patrimoniale”. Più nel dettaglio: I Comuni Soci, secondo il Piano, si impegnano ad accordare sostegno riguardo al ripiano perdite dei prossimi esercizi ed in particolare per la perdita dell'esercizio 2018, con previsione di riduzione sul 2019 e 2020. Inoltre, secondo il Piano “..il contributo dei Soci dovrà essere tale da garantire la liquidità di cassa e garantire altresì le risorse aggiuntive da destinare agli investimenti nel parco rotabile. Al contempo, vista l'esposizione debitoria, nei confronti dei principali fornitori, nel Piano, si prende atto della necessità di un consistente intervento di carattere patrimoniale”. Peraltro, essendo risultato che i mezzi aziendali sono sempre più obsoleti, viene programmato di procedere, nell'arco di Piano, con una spesa complessiva prevedibile di circa € 1.500.000,00, nel triennio 2019/2020/2021. La Sezione rileva che Il Piano è stato, di fatto, ritenuto errato con particolare riferimento alle valutazioni effettuate sul patrimonio della società, tanto è vero che l’assemblea dei soci, nel mese di gennaio 2020, delibera di affidare ad altro professionista l’incarico di redigere un nuovo Piano di Risanamento. E’ sufficiente il richiamo delle osservazioni nel mese di aprile 2020 del detto Advisor, il quale ha redatto una relazione preliminare “all’eventuale revisione o aggiornamento del Paino di risanamento”. Tra gli indici di criticità, vengono ricordati i debiti previdenziali e tributari.
La Sezione ricorda  il disposto dell’art. 14, comma 4, del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, secondo cui in caso di crisi aziendale non costituisce un idoneo piano di risanamento “la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell'amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5”.  La Sezione osserva, inoltre, che il Piano di Risanamento originario non è mai stato comunicato alla Sezione del Controllo della Corte dei conti, difformemente dal disposto di cui all’art. 14, co. 5, d.lgs. n. 175/2016; in secondo luogo, il detto Piano 2018/2021 contempla, ad ogni buon conto, l'intervento da parte dei Comuni soci, al fine di mantenere la continuità aziendale, finanziariamente sostenibile, attraverso il ripiano della perdita di esercizio 2018, pari ad euro 676.624 euro e della perdita di esercizio 2019, stimata in euro 348.000 euro, dopo che già l’esercizio 2017 si è chiuso nettamente in perdita. A questo punto i magistrati citano l’articolo 21 del decreto legislativo 175/2016 e la necessità di costituire un accantonamento annuale del fondo perdite società, ma anche la circostanza per cui  un ente locale, che dovesse assorbire, sistematicamente a carico del proprio bilancio, i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato, pur in presenza degli accantonamenti prudenziali di cui all’art. 21 in oggetto, sarà tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito, in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche dell’operazione, le quali, devono necessariamente essere fondate sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente e positivamente sostenibile. Secondo la Corte, non è ipotizzabile, né fattibile, legittimamente, un obbligo delle amministrazioni partecipanti – fra cui il Comune di Arquata Scrivia - di ripiano reiterato delle perdite, dal momento che le stesse amministrazioni hanno comunque una limitazione nel capitale conferito.
La sezione invita ritiene doveroso che l’Ente locale solleciti la società C.I.T. spa a voler tempestivamente predisporre una revisione del piano di risanamento presentato, che tenga conto di tutte le criticità evidenziate. Successivamente, esaminato il programma di valutazione del rischio di crisi aziendale, adotti le scelte conseguenti, tenuto conto che, in concreto, il già menzionato Piano si è rivelato inattuabile e che la società dovrà individuare con tempestività le misure correttive. In conclusione, l’invito esplicito ad attivare un sistema di controlli strutturato.
La Sezione, visto anche il disposto di cui all’art. 147 quater, del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che onera l’ente locale a definire, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società partecipate dallo stesso ente locale, riserva di verificare l’efficacia e la sufficienza delle azioni e delle misure,  che verranno adottate dall’Ente, all’esito di un rigoroso monitoraggio della situazione, afferente la partecipata con particolare riguardo alle criticità connesse alla emergente scarsa remuneratività ed al riscontrato precario equilibrio patrimoniale. Come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza contabile, infatti, la previsione del ripianamento delle perdite da parte del socio pubblico può essere considerata un provvedimento adeguato solo ed esclusivamente se accompagnata da un piano di ristrutturazione aziendale dal quale si evincano chiaramente concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività.
Nel contempo, occorre porre l’accento sul fatto che, giusta il comma 5 del medesimo articolo, non è possibile “salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite 20 di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall'Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all'articolo 5, che contempli il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma”.


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